A minimal gesture takes on the eternal tension of humankind’s desire to master the uncontrollable. The trace of a line drawn in the sand — a fragile boundary between land and sea — becomes an attempt to impose a limit on the ceaseless motion of the waters.

A fragile and transient mark is dissolved by the advancing waves, indifferent to every claim of order and measure. In a silent dialogue between gesture and nature, the disproportion between human time and the world’s time is revealed. The trace thus becomes a symbol of the vanity of control, of the impossibility of holding onto that which, by its very nature, flows and renews itself.

Un gesto minimo, si fa carico dell’eterna tensione verso il dominio sull’incontrollabile. La traccia di una linea sulla sabbia — fragile confine fra terra e mare — nel tentativo di imporre un limite al moto incessante delle acque. Segno, fragile e transitorio, viene dissolto dalle onde, che avanza, indifferente a ogni pretesa di ordine e misura. In un dialogo silenzioso tra il gesto e la natura, si rivela la sproporzione tra il tempo dell’essere umano e quello del mondo. La traccia diventa così simbolo della vanità del controllo, dell’impossibilità di trattenere ciò che per sua essenza fluisce e si rinnova.