textsStare nel tempo fluido dell’ascolto

STARE NEL TEMPO FLUIDO DELL’ASCOLTO
di Annalia Boldrin

“Può l’orizzonte essere la metafora di un futuro che abbraccia sia i campi che gli specchi d’acqua?Immagino gli orizzonti come luoghi di transizione, come coste o spiagge, luoghi dove le prospettive si fondono.”

Steve Mentz (1)

Mentre siamo una accanto all’altra, i piedi affondati nel bagnasciuga, non ancora acclimatati all’acqua pungente del mare invernale in cui sono immersi, mi accorgo che le nostre prospettive si stanno fondendo in questo “mare intorno a noi”.(2)

Laura Pugno è un’artista capace di porsi in ascolto del paesaggio, scavando nelle stratificazioni della memoria dei luoghi, senza perderne di vista i dettagli.

Alle nostre spalle svettano compatte montagnole di sabbia, metafore della presenza impattante dell’uomo sull’ecosistema. Sovrastano l’orizzonte marino, ne occludono la vista a chi giunge dalla terraferma. Le azioni meccaniche e invasive di ripascimento della spiaggia rappresentano una modificazione temporanea del paesaggio costiero invernale che si è ormai radicata nella percezione di chi, come me, abita questo lembo di terra. Ma la presenza di Laura mi invita a ripensare i miei luoghi, a deterritorializzarmi, emancipandomi dai condizionamenti della “mente locale (3). Ritraiamo i piedi e ci incamminiamo, sconfinando verso nuovi orizzonti acquatici. 

Le opere Perdere di vista la riva e Land Unfolds sono due momenti di un atto poetico che invita all’osservazione e alla rigenerazione di un equilibrio di coesistenza tra l’essere umano e la natura marina, temi sensibili al festival ‘Calma Piatta. Pensieri per smuovere le acque’, nel quale è inserito il programma di residenza. Incidere il tempo per far riemergere la memoria di un luogo; liberare spazio per solcare nuove correnti di cambiamento.

Nell’opera Perdere di vista la riva, una concrezione di creta rinvenuta lungo il litorale si concede all’artista come materia viva da incidere, con gesti lenti che richiamano la cura e l’attenzione di un’archeologa, per liberare antiche scritture codificate. L’azione erosiva delle acque marine dilava alcuni tratti di costa, facendo riemergere stratificazioni di terreno sedimentate nel tempo. L’innalzamento dei mari e l’aumento della frequenza degli eventi estremi, quali le mareggiate, sono tra le cause di questi fenomeni erosivi sempre più estesi lungo le coste italiane.

Nella sua pratica artistica, Laura Pugno si è soffermata spesso a indagare l’elemento acqua nelle sue accezioni di spazio di riflessione, culla di ritualità, corpo liquido in perenne movimento o congelato, in allarmante scioglimento.

La residenza Calma Piatta rappresenta il suo primo dialogo diretto con l’Oceano e con l’habitat costiero. L’artista cerca il contatto e, nel suo stare nel tempo, accoglie i mutamenti della Natura, lasciandosi immergere parzialmente dalle acque di marea.
L’opera è un omaggio all’ammofila arenaria, pianta tipica delle dune costiere e presente in un tratto di litorale bibionese, il cui fitto apparato radicale consolida il terreno sabbioso, svolgendo un’azione protettiva e garantendo un serbatoio naturale di sabbia per rifornire le spiagge nelle fasi ordinarie di erosione. I tratti cuneiformi del disegno si rifanno all’alfabeto semaforico utilizzato in passato in marina per le comunicazioni tra terra e mare e si dispongono a comporre un messaggio da decodificare. Un monito a non “perdere di vista la riva” (4), intesa come metafora dell’essere umano e dell’impronta antropica degli sconvolgimenti climatici; allo stesso tempo, un invito ad abbandonarla, per orientare consapevolmente l’ascolto al mare, educandoci a vivere in relazione di equilibrio con il Pianeta Oceano.

Land Unfolds è un’opera che intende reinterpretare la memoria storica del faro, calandola nei temi ambientali urgenti della contemporaneità.
Il richiamo va alle bandiere di segnalazione che un tempo venivano issate sull’alto palo che si stagliava dal giardino fronte mare del faro di Bibione. Le bandiere erano portatrici di messaggi, di corrispondenze graficamente codificate e universalmente riconosciute.
L’opera ritrae un orizzonte marino, le acque cupe e torbide, come un manto dispiegato, velano le profondità subacquee, rendendone cieca l’osservazione, quasi a richiederci un cambio di paradigma e a ricordarci che la natura Oceanica predilige l’ascolto alla vista.

Con un taglio fisico e simbolico là dove la terraferma si delinea, invisibile, all’orizzonte, l’artista sovverte il concetto stesso di linearità, creando uno spazio etereo e mutevole la cui forma è sospinta dai movimenti del vento, in un continuo gioco di sfioramenti e allontanamenti tra i due lembi della bandiera, tra il cielo e il mare.
I cambiamenti climatici in atto vengono riletti come la possibilità per un nuovo inizio e il taglio operato dall’artista dà vita allo spazio per un nuovo abitare terrestre capace di assumere i tratti fluidi e transienti del mare, una “terramobile”(5), increspata dal vento. L’essere umano, la cui presenza non implica più violenza, ma consapevolezza riappacificata, diventa il punto di contatto tra cielo e mare, quell’attimo, sfiorato dal vento, in cui le due entità si incontrano confondendosi l’una nell’altra e diventando parte di un unico, universale, racconto.

1. Steve Mentz, Oceano. Storie di marinai, poesia e globalizzazione, ed. Wetlands Venezia (2024)
2. Rachel Carson, Il mare intorno a noi, Ed. Piano B (2019)
3. Franco La Cecla, Mente locale, ed. Elèuthera (2021)
4. Il titolo dell’opera è ripreso da una citazione di William Faulkner: “Non puoi nuotare verso nuovi orizzonti fino a quando non hai il coraggio di perdere di vista la riva.”
5. Tiziano Scarpa, La città sospesa in Ultime isole, Paolo Barbaro, ed. Wetlands Venezia (2022)

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