GUARDARE LE COSE INVISIBILI
di Pietro Gaglianò
Il mondo è fatto per lo più di cose invisibili, come quelle che non sono avvertibili dall’occhio umano (gli odori, i suoni, la temperatura) o come quelle che si celano immediatamente sotto la pellicola esterna della materia. Questa semplice considerazione contrasta con la supremazia della vista come senso di cui ci serviamo per agire, per fare delle scelte, per esprimere delle opinioni. L’inverno ad alta quota in cui si è addentrata Laura Pugno, in più occasioni, per ben più di un progetto, diventa così un concetto un po’ eversivo: l’invisibilità dell’inverno è un’estensione della facoltà immaginativa della quale l’artista si serve (e di cui tutti dovrebbero servirsi) per riflettere sulla propria posizione nel mondo. Più in generale, nella ricerca di Pugno emerge con insistenza un interrogativo rispetto alla percezione e alla rappresentazione della realtà, consapevole di quanto ogni scenario rechi già impresso il passo, fisico e culturale, di chi lo ha percorso o anche soltanto pensato. È questo un atteggiamento che riflette il più avanzato dibattito sulla pretesa neutralità dell’universo e su quanto sia accessibile un punto di vista che lo contempli in uno stato di quiete, non alterato dall’azione o dalla semplice presenza dell’essere umano.
In una serie di opere annodate attorno al comune riferimento alla neve, alla montagna e alla rarefazione dello scenario invernale, Laura Pugno indaga l’orizzonte della sensorialità, la sua ambiguità e le possibili contraddizioni che vi si annidano, la dimensione del paesaggio come estensione del conoscibile o come suo limite. Le narrazioni scaturite da questa immersione nel bianco innevato e abbagliante creano un ponte tra la dimensione interiore (esattamente il modo in cui il paesaggio prende forma attraverso i sensi nella nostra esperienza soggettiva) e il sistema delle cose, gli equilibri del pianeta, la sua fragilità.
La serie Moto per luogo si compone di fotografie di grande formato stampate su alluminio. Le immagini raffigurano paesaggi di montagna, quasi classici come rappresentazione di genere, e sono state tutte scattate dall’artista in diverse località del Piemonte. In questi stessi luoghi Pugno è tornata portando con sé le foto per utilizzarle come slittini, facendo aderire lo spazio fisico alla sua immagine. La superficie stampata è stata abrasa dal peso del corpo sulla lastra, producendo un’impronta che contiene la memoria fisica di questo attraversamento e anche un’indicazione sull’inevitabile alterazione che ogni ecosistema subisce al nostro passaggio. L’esperienza dello spazio naturale implica una sua dissipazione, e qui è reso evidente come sia lo stesso corpo che abita lo spazio a contribuire alla sua cancellazione. In seguito questo passaggio, le opere di Moto per luogo vengono esposte come cronaca di una stratificazione in cui precipitano l’individualità dell’artista, il suo spostarsi sul pianeta, le relazioni intercorse tra la sua specificità fisica, la sua visione e il territorio, e una dolente consapevolezza delle crisi ecologiche globali.
Al riscaldamento del pianeta e alla futura, non lontanissima, scomparsa della neve, Laura dedica A futura memoria, un lavoro di scultura realizzato versando della jesmonite (una resina acrilica a base acquosa) che attraversa gli strati superficiali e si solidifica nell’aria contenuta sotto la neve. Il calco che rimane dopo lo scioglimento ha l’aspetto di un fossile o di un prezioso cristallo minerale che parla di sottrazione e di altre cose invisibili.
La lettura dell’universo sensibile, sottratta al predominio della vista, all’ossessione del visibile, ispira altri lavori di Laura Pugno che esaltano le capacità interpretative del tatto o dell’udito e che assumono la cancellazione come processo creativo. In Travel Notebooks immagini di altri scenari rupestri sono state sovrapposte su fogli Braille e poi strofinate con cartavetro. Si tratta ancora una volta di un’erosione, una cancellazione che lascia affiorare una scrittura alternativa e che si apre come ripensamento sulla decifrazione del mondo. Esistono codici negletti, e infinite varietà di lettura che potrebbero schiudere mondi interi. Non a caso il titolo di questa serie, taccuini di viaggio, allude al reportage di un’esplorazione, alla necessità di un déplacement fisico e cognitivo. La linea di questo straniamento può partire dalla scelta di guardare con le mani e sfruttare fino in fondo il paradosso che sfida il regime dell’apparenza, chiudendo gli occhi per vedere. Al tempo stesso, Pugno sembra riconoscere una dimensione tattile allo sguardo, spingendosi a sperimentare se è addirittura possibile toccare con gli occhi le cose visibili e quelle invisibili.